N.06
Novembre/Dicembre 2019

Leonia Martin

Una debolezza trasfigurata

Nella vita di ogni santo si individua sempre – precoce o tardivo, sofferto o spontaneo – un punto-luce a partire dal quale la sua vita cambia: che si tratti di una conversione o di uno speciale ministero, di una presa di coscienza maturata nella pazienza dei giorni o di un appello che lo raggiunge repentino.

Nella vita di Leonia Martin, oggi Serva di Dio, tale punto-luce parrebbe tuttavia, a un primo sguardo, quasi impossibile da individuare.

Sorella maggiore di santa Teresa di Lisieux (e nata – tra le sorelle che arrivarono alla maggiore età – dopo Maria e Paolina, prima di Celina e Teresa), figlia di Luigi e Zelia Martin (canonizzati da Papa Francesco il 18 ottobre 2015), Leonia sembra mancare, sin da piccola, di veri doni di natura, pur essendo nata in una famiglia che ne era ricca sotto ogni aspetto.

Piccolissima, è  già malata. Bambina, attesta un ritardo nello sviluppo mentale. Il suo comportamento è contraddistinto sostanzialmente da rigidità, alternanze di affetto e chiusura, iperattività, scarsa capacità di socializzazione. Adolescente e giovane, continuerà a portare traccia delle ferite dei primi anni. Ormai donna, rileggerà la vita precedente nei termini di una più forte consapevolezza, che avrebbe rischiato di tradursi in senso di colpa o scrupolo, ma diverrà invece – nella pazienza dei giorni – umiltà riconocilita con il proprio limite. Problemi fisici e somatizzazioni psico-fisiche l’avrebbero fatta soffrire a lungo.

In famiglia, dove le sorelle – con quella terminologia tipica dell’Ottocento francese incline a una semantica dalla forte curvatura affettiva – vengono chiamate per esempio «il diamante», «la perla fine» o «la reginetta» – lei rischia di essere vista come “la terribile Leonia”. Paolina, nel 1909, avrebbe confidato: «Eri come sfuggita dal nido familiare». I genitori, disperati, non sanno cosa fare: e sono genitori santi. In una lettera la mamma scrive: «Ha un carattere indisciplinato e una intelligenza poco sviluppata». E ancora: «E’ coperta di difetti come da un mantello. Non si sa come prenderla». L’hanno amata come tutti gli altri figli: ma lei è diversa.

Quando, piccolissima, si era ammalata gravemente, il papà Luigi aveva pellegrinato per oltre 40 chilometri a un santuario mariano: una maratona a piedi sorretta dalla fede. E la mamma Zelia aveva pregato così: «Se un giorno dovrà diventare una santa, guaritela!» L’inversione logica è sorprente: oggi molti genitori chiederebbero solo la salute fisica; della santità nemmeno si occuperebbero. Zelia, invece, prima chiede la pienezza della vita beata, poi la guarigione come sua eventuale condizione. Tale preghiera si farà più accorata quando, crescendo, Leonia comincerà ad attestare le fatiche psicologiche. La mamma ne affida l’educazione anche alle Visitandine di Le Mans, dove una sua sorella era monaca: ma nemmeno quella sarebbe stata la soluzione. Viene inoltre scoperta, in modo apparentemente casuale, la dipendenza negativa che si era instaurata tra una domestica dei Martin e la bambina: oggi forse si parlerebbe di abuso psicologico del minore, di dipendenza affettiva indotta. La reazione della famiglia sarà energica, ma ormai era stato perso tempo prezioso. Avevano però continuato a insistere sulla sua educazione, quasi forzando l’intelligenza di Leonia ad aprirsi, il suo cuore a meglio affidarsi: la grazia perfeziona la natura, mai la aggira. E in quella famiglia dove tutto sembrava preghiera, mentre si chiede a Dio di aiutare Leonia, si insiste affinchè lei faccia il possibile per cooperare con la propria natura, generosamente assunta e offerta.

Zelia, ormai ammalata terminale di tumore, andrà in pellegrinaggio a Lourdes e metterà l’acqua sulla fronte della figlia, ricevendone la certezza che la sua preghiera fosse stata esaudita. Aveva chiesto alla Vergine di farne una «santa». Però i tempi di Dio non sono quelli degli uomini. E la vita di Leonia continuerà ad essere, per molti anni, scandita da continui tentativi e fallimenti. Da propositi e  cedimenti. Da generosi slanci e rapide prese di coscienza di non farcela, di dovere ancora una volta ricominciare da capo.

Nell’Ottocento, quando le ragazze si sposavano a vent’anni, Leonia compie il passo definitivo a quasi trentasei: aveva fallito una volta dalle Clarisse, due dalle Visitandine di Caen. Ora è di nuovo alla Visitazione di Caen, stavolta per sempre. Alla fine era stata la sorella Teresa a profetizzare che, dopo la sua morte (1897), Leonia sarebbe rientrata alla Visitazione e vi sarebbe rimasta (1899).

Accade difatti così, ma la Visitazione di quel tempo non è solo contraddistinta dalla soavità salesiana. È anche – e soprattutto – una vita scandita da tempo partizionato, da cose minuscole che dietro la grata paiono acquistare rilevanza grande: non esattamente quello che a Leonia sarebbe servito per dilatare il cuore nell’amore e smussare i suoi tratti di rigidità e ripetitività. Difatti continua ad attestarne alcuni. Lo studioso Stéphane-Joseph Piat scrive a proposito: «Aveva un giudizio retto, segnato, però, da una reale lentezza e da una certa limitatezza, che la portavano talvolta a ostinarsi sulle sue posizioni. […] aveva un culto dell’ordine spinto fino all’eccesso e poneva una cura meticolosa nel sistemare ogni cosa. Ne derivavano inevitabili ritardi […], irritazione in chi le era intorno e lievi scontri». Leonia però – che è imperfetta ma sta progredendo alla scuola della carità – non se la prende: «Avete ragione a riprendermi; è vero, sono insopportabile e, oltre tutto, incorreggibile». Rigida su un fronte, sull’altro è invece aperta, schietta, dotata di una grande carica affettiva. Vede il bene nelle persone e nelle situazioni. Sua sorella Teresa – di cui lei sarà tra le prime discepole nella piccola via delle cose minime fatte bene per amore – avrebbe forse commentato che – se non ci si scandalizza delle limitazioni fisiche del prossimo – altrettanto dovrebbe accadere di quelle morali.

Nella Esortazione apostolica postsinodale “Christus vivit”, Papa Francesco scrive: «Crescere […] significa essere aperti a purificare ciò che non è buono e a ricevere nuovi doni da Dio che ti chiama a sviluppare ciò che vale […] Lasciati […] amare da Dio, che ti ama così come sei, ti apprezza e ti rispetta, ma ti offre anche sempre di più: più amicizia con Lui […], più voglia di vivere il suo Vangelo, più forza interiore, più pace e gioia spirituale».

Nel suo cammino lungo e originalissimo, Leonia Martin è arrivata a questo “più” muovendo da limitazioni oggettive, da un “meno” problematico e frustrante: ma ha imparato a riconoscerlo, a dargli un nome e a vivere non nonostante esso, bensì a partire da esso. Figlia difficile e donna per certi aspetti fragile – ma capace di quella bontà che solo chi ha sofferto sa regalare – Leonia ha cominciato a essere ricordata e pregata da un numero crescente di persone. La sua Causa di Canonizzazione si è aperta nel 2015. Oggi, il suo corpo, incorrotto nella quasi totalità, riposa presso il Monastero in cui aveva infine trovato la propria casa. Ella ben rappresenta quei “piccoli formati” cui accennava Adrienne von Speyr, nel segno dei quali era stato possibile cominciare a bussare alla “porta accanto”.

 

«Tu devi scoprire chi sei e sviluppare il tuo modo personale di essere santo, indipendentemente da ciò che dicono e pensano gli altri». (Francesco, Christus vivit, n. 162)

 

«Capisco ora che la carità perfetta
consiste nel sopportare i difetti degli altri,
non stupirsi delle loro debolezze».
(Cf. Santa Teresa di Lisieux, Manoscritto C, n. 289)

 

«Rimanendo muta in Sua Presenza,
sentivo che Gesù mi comprendeva,
e questo mi bastava
per gustare
una pace profonda».
(Leonia, 2 febbraio 1899)

 

 

Leonia Martin nasce ad Alençon, in Normandia, il 3 giugno 1863. Sin da piccola, la sua vita è travagliata da mali fisici e fragilità psichiche che ne fanno una bambina e poi una giovane con cui è particolarmente difficile relazionarsi. I genitori – Luigi e Zelia Martin, oggi santi –, la più celebre sorella santa Teresa di Lisiuex e le altre sorelle sono invece persone ricche di doni di natura e di grazia, di grande capacità empatica e di sapiente ironia. La “terribile Leonia” fa fatica a crescere e fa fatica a trovare la propria strada. Diverrà Visitandina a Caen (dove morirà il 16 giugno 1941) dopo aver cercato per quattro volte la sua strada nella vita religiosa: aveva imparato a fare del limite la via all’umiltà, e dell’umiltà la via alla santità. Oggi, è Serva di Dio, invocata da moltissime persone. Per meglio conoscerla, oltre al Manoscritto A della Storia di un’anima di santa Teresa di Lisieux e alle sue Lettere, nonché alle Lettere familiari dei suoi genitori Luigi e Zelia Martin (per OCD) meritano attenzione anche Stéphane-Joseph Piat, Leonia Martin. Una santità sorpendente (Mimep-OCD, 2019) e Joël Guibert, Leonia Martin. La debolezza trasfigurata. Meditazioni (Mimep-OCD, 2019).