N.02
Marzo/Aprile 2020

La tomba vuota

di William Xerra

La tomba vuota

 

 

 

La fede nel Signore risorto presuppone che la sua tomba sia stata trovata vuota. In caso contrario, infatti, l’annuncio e la predicazione della risurrezione di Gesù dai morti sarebbero stati facilmente confutati e ricoperti di ridicolo. La pericope riguardante la tomba vuota (cf. Mc 16,1–8 e paralleli) rimanda dunque a un dato storico inconfutabile.
Tuttavia, in sé, la tomba vuota rimane un fenomeno ambiguo. Essa, cioè, è sì un segno visibile e controllabile, ma la sua decifrazione non è univoca. E difatti i Giudei sostenevano che il corpo di Gesù fosse stato trafugato. Per il credente di ieri e di oggi, invece, l’assenza del suo cadavere dalla tomba rinvia ad un evento metastorico: quel Gesù che era stato crocifisso, era morto ed era stato deposto nel sepolcro non è più tra i morti, ma è risorto.
In tal senso la tomba vuota conserva il suo valore di prova “in negativo”, una prova, cioè, necessaria ma che, da sola, non può spiegare l’inaudito evento della risurrezione di Gesù. La conferma di quest’ultima va, infatti, ricercata altrove, ossia nelle apparizioni del Risorto agli apostoli e ai discepoli. È questa la prova “in positivo” sulla quale si fonda la fede pasquale della Chiesa.
Anche l’immagine, essenzialissima, di William Xerra non si ferma al fatto nudo e crudo della tomba vuota, ma cerca di veicolare qualcosa dell’evento misterioso in essa avvenuto. Lo fa con quel cerchio di luce bianchissima che si interseca con la struttura appena accennata del sepolcro, e del quale è possibile dare una duplice, seppur convergente, interpretazione.
Una prima lettura porta il nostro sguardo dall’esterno della tomba verso l’interno della camera mortuaria. In tal caso, quest’ultima appare invasa da una luce (il cerchio luminoso) che starebbe ad indicare l’evento soprannaturale della risurrezione di Gesù, di cui – data la natura trascendente – nessuno è stato testimone oculare. La luce è proprio il tramite con cui l’evento ineffabile della risurrezione è significato.
Una seconda lettura conduce, invece, il nostro sguardo dall’interno all’esterno della tomba. In questo caso, il cerchio luminoso rappresenterebbe la pietra con cui l’imboccatura della tomba era stata sigillata, e che – trasmutata in pura luce – sembrerebbe alludere anche qui all’evento straordinario della risurrezione di Gesù, il cui bagliore avrebbe intriso di sé la pietra e trasfigurato l’ambiente circostante!
Vi è poi un’altra osservazione. Essa riguarda il simbolismo racchiuso nel quadrato (l’imboccatura della tomba, stilizzata con un riquadro marrone che ne riproduce l’architrave e gli stipiti) e nel cerchio luminoso. Sin dall’antichità, il quadrato è simbolo e immagine della terra e dell’umanità, e dunque della dimensione fisica e materiale con i suoi limiti e la sua finitudine, mentre il cerchio è simbolo della perfezione, e dunque della dimensione celeste, divina e trascendente. Sullo sfondo di questo simbolismo, nell’immagine di William Xerra abbiamo la co-presenza dell’intervento divino (la risurrezione rappresentata dal cerchio luminoso) e dell’elemento terrestre (la tomba raffigurata dalla porta quadrata). In altre parole, la divinità, attraverso la risurrezione di Gesù, si intreccia con l’elemento terrestre e prende possesso – nel senso di riappropriarsi, impregnandolo di sé – di ciò che da sempre era suo: l’uomo, il mondo, il creato.
Tutto sommato, la “tomba vuota” di William Xerra ci provoca, da un lato, a rimanere interiormente spalancati su ciò che non è afferrabile dalla ragione, la quale – come ricordava Amleto al suo amico filosofo – non può essere assurta a misura di tutto: «There are more things in heaven and earth, Horatio, / Than are dreamt of in your philosophy – Ci sono più cose in cielo e in terra, Orazio, / di quante tu ne possa sognare nella tua filosofia» (William Shakespeare, Amleto). Dall’altro lato, vi è l’indicibile luminosità della fede che consente a chi l’abbraccia di cogliere nella tomba vuota il rimando all’evento della risurrezione di Gesù. Questa stessa fede attende ora di essere incarnata e testimoniata dai credenti in Cristo, i quali, come tracce luminose, sono chiamati a contagiare il mondo con pensieri, parole e opere che suscitino e favoriscano una vita di luce, quella che si declina nella giustizia, nella pace, nell’amore; quella, appunto, che scaturisce dalla risurrezione di Cristo.

 

 

 

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