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David Černý e la testa di Kafka

A Praga, poco distante dall’edificio in cui Franz Kafka lavorava, un’enorme testa composta da 42 strati rotanti di acciaio non smette di trasformarsi. Si tratta dell’opera di David Černý, il quale ha voluto omaggiare il celeberrimo autore con un ritratto in costante metamorfosi.

La frustrazione, l’angoscia e il senso di alienazione tipici della narrativa di Kafka sembra avessero molto a che vedere con il sentimento negativo nutrito verso un lavoro, quello alle Assicurazioni Generali, totalmente estraneo alle sue inclinazioni. Kafka era finito lì perché ciò incontrava i desideri di suo padre, autoritario e molto severo.

Cosa succede quando non riusciamo a inseguire le nostre passioni? Non si tratta di una svenevolezza da poco: si rischia di rimanere infelici per tutta la vita. Cosa succede quando le persone che ci crescono – e non solo loro – hanno così tanta influenza sulla nostra vita da storcere il sentiero verso la realizzazione di un sogno?

La risposta di Kafka è questa: ha fatto dall’assurdità del mondo degli uffici e della burocrazia uno dei pilastri dei suoi romanzi. Così come lo avrebbe poi ritratto Černý, Kafka rimase in movimento, non si arenò, e rese la sua deviazione forzata una strada nuova per esplorare da un altro punto di vista la sua vera vocazione. E guarda un po’: quei temi di cui si ritrovò a scrivere sono il tratto distintivo di uno degli autori fondamentali del XX secolo.

Dio Padre ha i suoi metodi… e molta più immaginazione di noi. Chissà cosa ha preparato dietro la prossima curva? Ogni deviazione, anche la più odiosa, ha in Lui lo straordinario potenziale di una strada maestra.

 

«Caro Papa Francesco, sono Letizia, ho 23 anni e studio all’università. Vorrei dirle una parola a proposito dei nostri sogni e di come vediamo il futuro. Quando ho dovuto compiere l’importante scelta di cosa fare alla fine della V superiore, ho avuto paura a confidare quello che realmente sognavo di voler diventare, perché avrebbe significato scoprirsi completamente agli occhi degli altri e di me stessa. Avevo deciso di affidarmi al parere di alcuni adulti di cui ammiravo la professione e le scelte. Mi sono rivolta al professore che stimavo di più, il prof. di Arte, quello che insegna le cose per me più appassionanti. Gli ho detto che volevo seguire la sua strada, diventare come lui. E mi sono sentita rispondere che ormai non era più come una volta, che i tempi erano cambiati, che c’era la crisi, che non avrei trovato lavoro, e che piuttosto avrei dovuto scegliere un ambito di studi che meglio rispondesse alle esigenze del mercato. ‘Scegli economia’, mi ha detto. Ho sentito una grande delusione; mi sono sentita tradita nel sogno che gli avevo confidato, quando invece cercavo un incoraggiamento proprio da quella figura che avrei voluto imitare. Alla fine, ho scelto la mia strada, ho scelto di seguire la mia passione e studio Arte» (Leggi tutto)