Locke: una tempesta al telefono

Steven Knight

In un’intervista, l’attore Tom Hardy ha spiegato di aver interpretato il suo personaggio, Locke, pensando a un capitano che affronta una tempesta.

Locke viaggia in auto verso l’ospedale in cui sta per partorire una donna che non è sua moglie. Tutti i dialoghi sono al telefono: come il protagonista, degli altri personaggi sentiamo solo le voci. Locke non è un donnaiolo, anzi, è un lavoratore serissimo, un capocantiere, un padre esemplare, e tutta la sua vita è tesa a dimostrare che le brave persone esistono. Qualcosa però è andato storto, e il suo solido mondo è a un bivio. Lui ha deciso: andrà a fare la cosa giusta, ad assumersi le sue responsabilità.

E continua a guidare.

Durante il suo viaggio succedono molte cose, ma come un capitano lui rimane in piedi sulla prua della nave e accetta che gli piovano addosso. Una sola cosa gli manca. Non l’infallibilità: quella non è richiesta a nessuno.

È solo. O meglio: crede di esserlo. È convinto di dover guidare da solo attraverso quella notte di crisi tenendo tutto sotto controllo: non vede nessuna mano amica tesa verso di lui. E se avesse saputo che invece c’è? E se avesse sciolto la presa spasmodica sulla direzione della propria vita e avesse lasciato guidare un Altro?

Vedi alcune clip (uno, due, tre) del film