N.06
Novembre/Dicembre 2004

Per una comunità cristiana “grembo di tutte le vocazioni”

Luce e Vita sono parole che sintetizzano Gesù secondo la teologia di San Giovanni. A Cafarnao è stata ritrovata la pietra che incrocia sull’Omega fos e zoè, luce e vita. Già all’inizio la comunità cristiana ha guardato così, con questo profondo senso di gratitudine, l’essere stata liberata dalle tenebre e dalla fame. Gesù, Luce e Vita, Parola ed Eucaristia.

Ricordiamo, in questo sabato che conclude il nostro Forum, il grembo che ci ha fatto questo dono, contribuendo all’azione dello Spirito, a donarci Luce e Vita. Grembo e, quindi, fonte e sorgente. Affidiamo alla Mamma questo nostro ultimo appuntamento, il nostro ritorno a casa, e proviamo a fare qualche sottolineatura a partire da questa idea.

Quando il Papa ha concluso il grande Giubileo la mattina del 6 gennaio del 2001, una delle cose che più ci ha colpito della Lettera Novo Millennio Ineunte, è stato quel grido che poi la Vita Consacrata, in modo particolare, ha fatto suo nel documento: “Ripartire da Cristo”. Ripartire da Cristo mi sembra che potrebbe essere, proprio perché sia luce e vita nostra, il primo proposito che facciamo nei nostri ritorni a casa. Mi è sembrato molto bello renderci conto che nella prospettiva missionaria, che aspetta con forza la comunità cristiana del III Millennio – il Papa tanto insiste sul tema della nuova evangelizzazione – siamo stati preceduti da Gesù. A me sembra bellissimo quello che il Concilio dice: Cristo si è unito indissolubilmente ad ogni uomo e in qualche modo ci sta aspettando in ogni uomo perché cresca il suo essere Luce e Vita per ogni uomo.

Io credo che nasca da qui – e lo diceva ieri sera anche Padre Angelo Besenzoni – la spinta propulsiva della nuova evangelizzazione. Se nel passato, poteva anche essere sostenuta dal desiderio di compiere una missione nel nome della Chiesa, oggi la Chiesa sente di essere particolarmente attratta nell’opera della nuova evangelizzazione da Gesù che ci ha preceduto in ogni uomo. E, allora, la nuova evangelizzazione, qualsiasi prospettiva missionaria, è un’attrazione fatale: Gesù che ci aspetta là dove nasce un uomo, una donna.

Questo pensiero mi porta allora a chiedermi e ad aggiungere in qualche modo qualcosa a quello che ha detto don Beppe Roggia la prima sera. “Tra le case degli uomini”. Lo accennai nel mio intervento quando parlai della famiglia. In realtà, credo che noi facciamo esperienza ogni giorno di quanto tra le case degli uomini ci sia una domanda che ci lega all’uomo ed è una domanda vera, comune, inevitabile, credenti e non credenti, praticanti e non praticanti, è una domanda d’amore. Non c’è uomo e non c’è donna che non faccia ancora esperienza dell’amore.

Dicevamo nel Seminario sulla Direzione spirituale di San Gabriele dell’Addolorata, quanto per noi parroci, siano importanti i funerali come momento di annuncio della vocazione all’amore. È singolare, sapete, e lo sapete tutti, ma lo sottolineo volentieri: un qualsiasi mercoledì mattina, alle 10.00, ti riempiono la chiesa come la notte di Pasqua, semplicemente perché c’è un feretro e in quel momento tutta la gente che è in Chiesa sente il bisogno di ricordare il caro estinto e stranamente… “Che uomo era, dava la sua parola ed era quella; ha fatto della sua vita un dono per la sua sposa e per i suo figli anche a costo di grossi sacrifici”.

Credenti e non credenti, praticanti e non praticanti, riconoscono tutti che la dignità e la bellezza di una persona coincidono con quanto ha saputo tradurre la sua vita di ogni giorno nella dimensione del dono sincero di sé.

E non c’è ancora un ragazzo o una ragazza normale che non abbiano dovuto fare drammaticamente i conti con notti insonni, appetiti che se ne vanno, perché si sono semplicemente innamorati. Nell’uomo, in ogni uomo, in ogni donna, questa unione indissolubile di Gesù, come dice la Gaudium et Spes, viene segnalata con certezza da questo grido dell’uomo verso l’amore. Non per niente, nel Festival di San Remo, il 95% delle canzoni modula la parola amore. Sì, ma quale amore?

Sanno tutti che questa spinta propulsiva all’amore e dall’amore è in realtà un cammino verso la tomba perché è la forma più alta dell’egoismo dell’uomo e il bisogno di possedere gli altri, il bisogno di essere amati, capiti. Lo sappiamo anche noi, tante immaturità affettive maturate nei nostri seminari e nei nostri noviziati, consistono semplicemente in questo: qualche volta si trascorre tutta una vita a cercare in tutti i modi che qualcuno si prenda cura di noi. È la notte dell’amore.

Ma lo sanno tutti, credenti e non credenti, praticanti e non praticanti, che questo non basta. Ecco Luce e Vita.

C’è una frase nel Vangelo che fa da congiunzione tra l’amore secondo il cuore di Dio e l’amore secondo il cuore dell’uomo. “Maestro qual è il più grande comandamento della legge?”.“Cosa c’è scritto?”. “Di amare il Signore con tutto il cuore, con tutta la mente, con tutte le forze e il prossimo come se stessi”. Se si parte dall’uomo allora la preoccupazione è quella di prendere l’amore che abbiamo per noi stessi come esemplare dell’amore che dobbiamo agli altri e che si traduce nell’Antico Testamento nel non fare agli altri quello che non vuoi sia fatto a te. Ma se si affronta la tematica a partire dal cuore di Dio allora siamo inchiodati ad una Croce terribile, perché io non posso amare te se, e finché, non ho imparato ad amare me stesso. Io ho paura di chi mi ama ma non ha ancora imparato ad amare se stesso, mi strumentalizza. Se vuoi amare l’altro come ami te stesso impara ad amare te stesso incastonandoti nel cuore di Dio.

E qui il passaggio: “come io ho amato”. Ha preso carne, ha preso volto in Gesù, una vocazione all’amore che lo fa il più bello tra i figli dell’uomo. Ecco la nostra fortuna: eravamo come sbandati al buio, nelle tenebre rifulse una grande luce. L’amore è diventato vita, è diventato luce. Dio è amore. In Gesù si è fatto carne. Gesù è la carne dell’amore, è il volto dell’amore, direbbe Santa Teresina del Bambin Gesù e del Volto Santo.

E, allora, rimanete nel mio amore, non nel vostro, non nel modo con cui voi rimanete nel mio amore. Vera e unica preoccupazione per non perdere di vista obiettivi, contenuti e metodi di un’esperienza credente. La Chiesa sfidata dall’umanità, come Gesù sfidato dalla Chiesa, Sposo che ha dato se stesso per lei e, come ogni relazione sponsale, ti sfida a diventare volto dell’amore. Mi sembra che la nuova evangelizzazione prima di ogni altra cosa, abbia bisogno di questo.

Affidiamo alla Mamma il cammino di ciascuno di noi, perché ci aiuti a scolpire nel nostro volto quotidiano i lineamenti di Gesù.