N.02
2019 Marzo/Aprile

Per non vivere in apnea

Diversamente in cammino/2

Per me che sono una persona autistica non verbale, il mondo digitale è stato una grande opportunità di riscatto e di vita. Quando ero un bambino, ero totalmente incapace di parlare ed anche se la mia intelligenza coglieva tante cose del mondo e di ciò che si spiegava alla scuola elementare, poi mi era impossibile mostrare che io esistevo, che non ero un corpo vivo ma vuoto.

 

Non solo ero incapace di parlare ma la neurodiversità del mio autismo faceva di me una persona diversamente attenta, diversamente in relazione. Di conseguenza, solo poche persone riuscivano ad intuire qualcosa di ciò che c’era nella mia mente e nel mio cuore.

 

Io ero un altro mondo e tra il mio mondo ed il vostro non vi era alcun canale di comunicazione. Per anni, quindi, ho vissuto all’estremo opposto del mondo digitale, ossia nell’isolamento più radicale anche se immerso tra la gente.

 

Mi ricordo molto bene di quando ad otto anni, aiutato da mia madre, cominciai a scrivere con il computer. Fui subito capace di padroneggiare il linguaggio perché tanto mi ero allenato nella mia mente attendendo una opportunità di venirne fuori ma nei contenuti non riuscivo proprio ad andare oltre i miei bisogni pratici e materiali. Mi era già così difficile gestire la mia vita materiale che non avevo testa per esprimere anche solo un ragionamento.

 

Dovetti arrivare a quattordici anni per emergere da una comunicazione dai temi solo materiali ma poi spiccai il volo e cominciai a scrivere di me e della mia vita con la mia famiglia ed i miei amici.

 

Ero felice e non mi sembrava vero. Poi, diventato più grande aprii una mia mail ed una mia posizione Facebook. Il mondo digitale è stato per me l’occasione di uscire dal mio isolamento e poi di lavorare alla mia missione che è il costruire la società futura della piena integrazione per tutte le persone autistiche.

 

Quindi da autistico direi che il mondo digitale è una fantastica opportunità di vita per i tanti che sono limitati da problemi fisici o mentali e non si può contare la quantità di strumenti di integrazione che fanno leva sulle nuove tecnologie informatiche. Anche chi è costretto a casa dalla propria salute ha il mondo a portata di un click.

 

Ma credo che questo nostro mondo iperconnesso non comporti solo opportunità ma anche un rischio. Quando l’essere umano si applica fuori di sé, aggancia la cinghia di trasmissione della realtà e può lavorare a cercare di plasmarla secondo il proprio pensiero. Ma proiettato fuori di sé, perde la connessione con il se stesso che vive dentro. Direi che quando siamo concentrati sul mondo fuori di noi viviamo di rendita della relazione con noi stessi che abbiamo vissuto prima, rivolti dentro il nostro cuore, e così attingiamo però ad una riserva che si consuma.

 

La grande illusione del mondo digitale è il far credere senza dirlo mai, come per le bugie più efficaci, che dalla sveglia al mattino all’addormentarsi la sera non solo si possa ma sia auspicabile stare sempre connessi con qualcuno o con qualcosa e non avere mai un istante per stare da soli e con se stessi.

 

Il mondo digitale rischia di tranciare proprio l’adsl più importante che è quella che collega ciascuno a se stesso nel silenzio del suo cuore.

 

E le persone che cadono in questa trappola sempre più si identificano con il proprio continuo dire e fare e perdono il contatto con sé. Quasi sempre il loro dire e fare dura un istante e poi evapora nel nulla sostituito dal nuovo dire e fare. È la tirannia del presente e quando l’io abbandonato comincia a sbiadire, a diventare evanescente, parte l’ansia che solo stando connessi ed attivi fuori si potrà restare in vita. Il nulla rischia di inghiottirci.

 

Per questo, nella mia giornata, ho i momenti in cui fermo il mondo, fermo il flusso dei miei pensieri e scendo dentro di me ad ascoltarmi. E quanto ce n’è da ascoltare. Più scendo nel profondo dentro di me e più il mio io guarisce dalle ammaccature ricevute fuori e più si unifica.

 

Voler vivere sempre connessi fuori di sé vuol dire vivere con il cuore in apnea.

 

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