N.05
Settembre/Ottobre 2019

Solidarietà complementare

Diversamente in cammino/5

Per me che sono una persona autistica c’è un punto molto particolare di visione sul maschile e sul femminile ed è il loro diverso modo di rapportarsi alla mia difficoltà a vivere ed alla mia implicita richiesta di aiuto.

 

Sul piano della disponibilità a lasciarsi coinvolgere, ad attivarsi per aiutarmi, non ho visto particolari differenze. Ho ricevuto molto utile aiuto e sostegno umano sia da persone di sesso maschile che femminile e non ho notato alcuna predominanza di un sesso o dell’altro. Direi che l’attivarsi per un’implicita richiesta di aiuto sia propria dell’essere umano, indipendentemente dal genere.

 

Lo stesso è stato, di converso per le persone che mi hanno evitato o emarginato: erano sia uomini che donne, senza distinzione.

 

Laddove invece la differenza tra uomini e donne è stata nettissima è nel modo di concepire e vivere il supporto e la solidarietà.

 

Il supporto maschile si esprime nel fare ed in un fare che con i fatti e con la vita vuole comunicare alla persona in difficoltà qualcosa che potremmo sintetizzare con un “io ci sono, io non ti lascio solo”. Quasi sempre maschi sono state le persone che hanno voluto condividere con me vacanze, sport o il suonare insieme.

 

I maschi, quando ci sono, ci sono per fare cose insieme e facendole dimostrare la propria disponibilità e solidarietà. Per il maschile che vuole essere solidale, la persona in difficoltà non va lasciata sola, non va lasciata indietro e se non ce la fa a fare da sola, allora l’aiuto io e facciamo insieme.

 

Per il femminile, invece, è tutto diverso. Il femminile aiuta anche concretamente se serve ma avverte prioritario aprire una strada relazionale per raggiungere il cuore dell’altro, per renderselo emotivamente intelligibile e per rendere poi tale processo perfettamente reciproco.

 

Se per il maschile nessuna vera solidarietà è possibile senza passare per la concretezza del fare, per il femminile il fare è contingente e non può esistere solidarietà se non mi apro una strada verso il cuore dell’altro che mi consenta di coglierlo tutto in una sintesi emotiva e se reciprocamente non riesco a far percepire tutto il mio cuore.

 

Ed io autistico spesso bisognoso di aiuto, come vivo queste differenze? Benissimo direi e con una meravigliosa sensazione di complementarietà.

 

Se non esistessero il maschile ed il femminile, credo si dovrebbe proprio inventarli entrambi.

 

 

 

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